Una difficile storia di ordinaria intolleranza nell’India di fine anni Sessanta, vista attraverso gli occhi di due bambini.
Lo stile della narrazione, ingenuo, infantile e dotato di quella creatività che l’età solitamente cancella, non può non colpire e toccarvi nel profondo.
Ci sono molti modi di vedere le cose, c’è il modo dei grandi, fatto di regole che spesso loro stessi non sanno giustificare, e il modo dei piccoli, fatto di domande destinate a non trovare risposta.
Questo libro seduce fin dalle prime righe:
“Maggio ad Ayemenem è un mese caldo, meditabondo. Le giornate sono lunghe e umide. Il fiume si ritira e corvi neri si rimpinzano di manghi lucidi sugli alberi verdepolvere, immobili. Maturano le banane rosse. Si spaccano i frutti dell’albero del pane. Mosconi viziosi ronzano vacui nell’aria fruttata. Poi si schiantano contro i vetri delle finestre e muoiono, goffamente inermi sotto il sole.”
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